Cardiologia Highlights
Aggiornamento in Medicina
Il defibrillatore cardioverter impiantabile ( ICD ) subito dopo infarto miocardico nei pazienti ad aumentato rischio di eventi cardiovascolari non migliora la sopravvivenza.
Lo studio IRIS ( Immediate Risk Stratification Improves Survival ) ha arruolato 898 pazienti con infarto del miocardio recente ( da 5 a 31 giorni ), che hanno incontrato almeno due criteri: una frequenza cardiaca di 90 battiti per minuto ( bpm ) al primo elettrocardiogramma; una frazione d’eiezione ventricolare sinistra ( FEVS ) del 40% o inferiore in uno dei giorni compresi tra 5 e 31; e/o una tachicardia ventricolare non-sostenuta, costituita da tre o più battiti ventricolari prematuri consecutivi nel corso di un esame Holter, con una frequenza di 150 bpm o superiore in uno dei giorni compresi tra 5 e 31.
I pazienti sono stati assegnati in modo casuale a impianto di defibrillatore cardioverter con terapia medica ottimale ( n=445 ) oppure solamente a terapia medica ( n=453 ).
Il periodo osservazionale medio è stato di 37 mesi.
Nel corso del follow-up 233 pazienti sono morti, di cui 116 nel gruppo ICD.
La terapia con ICD non ha ridotto la mortalità generale.
Nel gruppo ICD è stata osservata una minore incidenza di morte cardiaca improvvisa, rispetto al gruppo controllo ( hazard ratio, HR=0.55; p=0.49 ), ma una più alta mortalità non associata a morte cardiaca improvvisa ( HR=1.92; p=0.001 ).
Dallo studio IRIS è emerso che la terapia profilattica con ICD non riduce la mortalità generale tra i pazienti con infarto miocardico acuto. ( Xagena2009 )
Fonte: The New England Journal of Medicine, 2009
Cardio2009