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Iniezione intracoronarica di cellule staminali nei pazienti con infarto STEMI o con cardiomiopatia ischemica


Uno studio di fase II ha mostrato che nei pazienti con infarto miocardico con sopraslivellamento del tratto ST ( infarto STEMI ), sottoposti a procedura PCI ( intervento coronarico percutaneo ), una infusione intracoronarica di cellule staminali del midollo osseo non ha prodotto miglioramenti della funzione cardiaca, indipendentemente dal momento della somministrazione.
Sei mesi dopo la infusione non è stato riscontrato un miglioramento della frazione di eiezione ventricolare sinistra ( FEVS ) nei pazienti trattati con le cellule staminali, rispetto al placebo ( da 45.2 a 48.3% versus da 44.5 a 47.8%; P=0.96 ). La differenza tra i due gruppi non è risultata significativa ( p=0.96 ).

In precedenza, lo studio LateTIME non aveva mostrato alcun effetto sulla funzione ventricolare sinistra quando le cellule mononucleate derivate da midollo osseo erano state infuse dopo 2-3 settimane dopo infarto miocardico acuto.

Studio TIME

Lo studio TIME ha valutato se un’infusione più precoce ( 3 o 7 giorni dopo la riperfusione ) fosse in grado di produrre qualche beneficio.

Lo studio TIME ha arruolato 120 pazienti con disfunzione ventricolare sinistra ( frazione di eiezione inferiore o uguale al 45% ) e infarto STEMI anteriore, sottoposti a procedura PCI primaria di successo con impianto di stent.
L'età media dei pazienti era di 57 anni; l’87.5% era di sesso maschile.

I pazienti sono stati assegnati in modo casuale a ricevere una infusione intracoronarica di 150 milioni di cellule mononucleate autologhe da midollo osseo oppure placebo, 3 o 7 giorni dopo intervento coronarico percutaneo.

Dopo 6 mesi, l'infusione di cellule staminali non è risultata associata a cambiamenti favorevoli alla risonanza magnetica cardiaca nella funzione ventricolare sinistra globale o regionale ( area infartuale e aree circostanti ).
Non è stata riscontrata differenza riguardo al momento dell’infusione.

Nessuna complicanza è stata riportata, e gli eventi avversi maggiori sono stati rari.

Una possibile spiegazione della mancanza di beneficio è probabilmente da cercarsi nella qualità delle cellule impiegate nella infusione.

Studio POSEIDON

Nello studio di fase I/II, POSEIDON, è stato confrontato l'uso di cellule staminali mesenchimali allogeniche e autologhe, derivate da midollo osseo, per il trattamento della cardiomiopatia ischemica.

Sono stati arruolati 30 pazienti con una disfunzione cronica del ventricolo sinistro da cardiomiopatia ischemica, che sono stati assegnati a ricevere cellule staminali autologhe o allogeniche somministrate mediante una iniezione transendocardica in 10 punti del ventricolo sinistro colpito da infarto miocardico.
In ognuno dei due gruppi, i pazienti hanno ricevuto 20, 100 oppure 200 milioni di cellule.

L’endpoint principale era il tasso di eventi avversi gravi ( decesso, infarto del miocardio, ictus, ospedalizzazione per un peggioramento dello scompenso cardiaco, perforazione cardiaca, tamponamento pericardico o aritmie ventricolari sostenute ) a 30 giorni post-cateterizzazione.
Durante questo periodo, solo 1 paziente in ciascun gruppo è stato ricoverato in ospedale per scompenso cardiaco.

A 12 mesi, l’incidenza di eventi avversi gravi è stata pari al 33% nel gruppo trapianto allogenico e al 53.3% nel gruppo trapianto autologo ( p=0.46 ).

I dati aggregati hanno mostrato un miglioramento significativo del test del cammino in 6-minuti e della qualità di vita, misurata alla scala MLHFQ ( Minnesota Living with Heart Failure Questionnaire ).
E’ stato anche osservato che entrambi i tipi di infusione hanno ridotto la dimensione media della cicatrice infartuale di circa il 33% ( p inferiore a 0.001 ), sebbene la frazione di eiezione del ventricolo sinistro non abbia subito modificate significative.

L’infusione di cellule staminali allogeniche non ha causato un numero eccessivo di reazioni alloimmuni donatore-specifiche. ( Xagena2012 )

Fonte: American Heart Association ( AHA ) Meeting, 2012


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